Jamas Ninguna: ombre elettrosonore dal Messico con l’intervento NO de il7 – Marco Settembre

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Forse l’icona messicana Frida Kahlo, se fosse ancora viva, con i quadri di una sua mostra avrebbe espresso il suo sdegno e la sua riprovazione per la collaborazione tra un suo connazionale intrigato da suggestioni extradark e qualche volta perfino infermali e uno scrittore/giornalista/artista italiano atipico e post-cyberpunk che usa il suo prosaico surrealismo grottesco in modalità che rasentano talora la misoginia. Oppure lei sarebbe andata oltre le apparenze, dato che aveva una sensibilità superiore calata in una vita così difficile, pur nel grande successo, e avrebbe capito che il7, l’italiano in questione, non è affatto misogino ma è solo incazzato per i fastidi non indifferenti ricevuti da UNA o anche due tipe, non certo tutte, e che il connazionale messicano in realtà non ha tendenze demoniache ma bensì è un appassionato di elettronica e peraltro è un artista eclettico che apprezza anche molte pagine della Storia del Rock.

Nel suo percorso in progress Jamas Ninguna è arrivato a presupporre che la compresenza di mondi altri, paralleli, intermedi, come quello de il7, il mio, potesse rappresentare un surplus da aggiungere alla sua musica per rendere un particolare brano un’avventura sonora in una narrazione di una dimensione distopica della Terra in cui la bastardaggine è così contorta e contaminata da alieni e organismi bio-cibernetici malsani che una persona tranquilla come la signora Charlotte Lacombe di San Francisco non ci si rispecchia e inizia a essere imbarazzata e a parlare di disagio, ma di tutti! Si tratta infatti delle rifrazioni balorde (spostate sul piano grottesco-cyberpunk) di piaghe nefaste del nostro mondo, che sappiamo bene che ha appunto pieghe e piaghe, eppure cerchiamo di non vedere, dicendo solo che la realtà è… opaca. 

Nel suo ultimo EP che sto cercando di presentare, colui che preferisce farsi chiamare Jamas Ninguna, ovvero Mai Nessuna (suona esagerato, ma per discrezione non ho voluto chiedergli chiarimenti) oltrepassa ancora una volta i confini del genere techno pur senza disporre ancora di una tecnica da virtuoso – è ancora molto giovane e avrà tempo per perfezionarsi – e infatti sperimenta processi mediali alternativi di ricerca astratto-geometrica, reinvenzione psico-extrasensoriale e ri-articolazione sonora di influssi artistici vari uniti a presenze fantasmatiche di qualcuno a lui vicino.

Una schermata del software usato da Jamas Ninguna

L’avvento del digitale, come tutti i nerd e i frequentatori di questo sito ben sanno,  ha da tempo trasformato la produzione culturale in tutti i settori; in particolare, nella sperimentazione sonora si è innescato un processo di mutazione profondo e ancora in perenne sviluppo che ha da una parte sfarinato la necessità di una conoscenza fisica e tattile dei veri strumenti, mentre dall’altra ha portato a una strutturazione matematica spesso modulare di ritmi, sampler e curve d’onda, inducendo il compositore a creare in modo abituale secondo schemi che vanno ben oltre l’alternanza tra strofe, ritornelli e assoli.

Le evocazioni aurali sconnesse e poi ricombinate di Jamas Ninguna raccolgono ad esempio i barlumi dell’estetica del duo LynchBadalamenti e testimoniano la verità di quelle mutazioni che a volte ci disorientano e altre ci indispongono, in questo mondo in cui l’eterogeneità delle problematiche e la velocità dei flussi rende ancora più difficile cogliere quei segni poetici ed estranianti a cui si fa riferimento nel finale di “Velluto blu” proprio di Lynch. E invece Jamas Ninguna, specie all’inizio dei suoi brani infestati da un’irrequietudine forse post-umana,  inserisce molto spesso dei suoni sordidi dell’ignoto, delle vibrazioni ambient anche “sporche” provenienti da qualche altrove in cui si meticciano i tubi al neon e le decorazioni azteche, le minacciose notti ai confini di zone desertiche bazzicate da coyotes e le voci di creature digitali autogenerate in stazioni occultate in cui alligna qualche modello rinnovato e brontolante di “Eraserhead”.

Marchio di Jamas Ninguna

Sono punti di partenza per dare un senso inquietante ma reso “musica concreta” alla propria visione del mondo, presenze evocate dagli universi della letteratura, della musica o del cinema di fantascienza appunto di genere preferibilmente cyberpunk, che da quelle trame rumoristiche formicolanti prendono il via per poi ossessionarsi in un ritmo costante, elettromeccanico, con qualche variazione sul tema (ne vorrei di più) che fiondano in un futuro non facilmente individuabile queste intuizioni spesso recuperate sul web o riprese da riviste varie e stropicciate, che generano l’ibridazione di linguaggi, contenuti e scomodi incantesimi, che a loro volta si fondono l’uno nell’altro in una nuova entità visiva, mutata intimamente dalla mente di quest’artista che per qualche motivo cela la propria immagine, restituendocela però fluida e instabile e ammaliante in questi EP, arrivati ormai ad essere 4 in un periodo di 4 anni. Bravo!

Jamas Ninguna composing at piano

Nelle composizioni elettroniche malsane e in parte rarefatte di Jamas Ninguna, la disgregazione della figura umana attraverso sonorità spettrali o stridule e ritmi inarrestabili ci riporta alla realtà scomoda del progresso che impone a molti di muoversi in modi ripetitivi in industrie nelle cui tubazioni scorrono calcoli renali e secrezioni epatiche. Eppure lo sappiamo fare, e il 27 del mese si prende lo stipendio e la domenica si fa un giro in bicicletta tra gli alberi rinsecchiti di una vita semplice vagamente neogotica e senza libri. Come dissonanza della realtà sociale emerge poi la dialettica paradossale tra il nostro mondo mediale in diretta connessione con gli eventi in cui molti tifano per Putin o Zelensky e si informano su siti improbabili di spaccio di bufale sottocosto, e, dall’altra parte, la più tangibile alternanza tra selfie scattati in palestra insieme alla tettona con la bandana e foto al mega-timballo preparato dalla nonna lisergica, e tant’è: la disconnessione postmoderna non può essere intesa come distacco dagli stronzi conosciuti sui social, ma va intesa come la crescente distanza tra le attività umane e la buona coscienza. 

Anche la questione della crisi ambientale è oggi più che mai una tematica attuale, ma che, come in “Il giorno dei trifidi” degli anni ’70, che ho recensito, una natura pervasiva invada totalmente lo spazio, interno ed esterno, collegando la giungla cerebrale di certi soggetti con grovigli di gramigna che strozzano pomodori e patate e vanno a prendere perfino il posto dei ghiacciai sarebbe una trovata artistica e immersiva da parte di un dio incarognito con leziosi barocchismi vegetali che vuole ridurre la presenza umana al bersaglio prediletto di maleodoranti tsunami. 

In una residenza ormai mezza sprofondata nel suolo malaticcio, attraverso una porzione opaca di una vetrata appannata e incrinata qualcuno in quei giorni vedrà l’impianto hi-fi, bombardato da qualche radioattivo cancro della plastica, che diffonderà le note triturate da Jamas Ninguna.

Un giradischi del futuro

Attualmente – mi ha rivelato Josè durante una nostra amabile conversazione in inglese –  l’artista sta lavorando già al suo quinto EP, che si intitolerà “El Murmullo de los demonios”, ovvero il mormorìo dei dèmoni.

A proposito dell’origine dei “demoni”, se sono cioè esterni o interni, io non avrei dubbi: sono esterni, e hanno un nome e un cognome, sono burattini di fango secco come Dieguito Lo Peppoli e Lorella Spalmacani, nonché Fabricius “Pills” Erbettari, Charlie Rough l’invidioso, Josephino “Cabròn” Sassintesta, Frank Decervellotto, Tony Giudicioni, etc etc. 

Lui invece ha risposto così:

“La musica di questo mio progetto appena concluso nasce come una memoria, un pensiero verso qualcosa o qualcuno. Non programmo mai freddamente ciò che mi accingo a comporre. Direi piuttosto che prima metto a punto l’idea, e poi lascio che gli spunti si sviluppino in un flusso, fino alla fine della sessione. Poi inizio a lavorare sulle melodie, i tempi, le atmosfere, i ritmi, e, se necessario, integro nella composizione la voce di un cantante o in generale di un interprete vocale, come è successo quando ho invitato te, 7, a collaborare al progetto”.

E Jamas Ninguna, al secolo Josè, continua:

“D’altra parte, l’idea di coinvolgere uno scrittore e giornalista di grido di un Paese straniero mi è sorta in modo del tutto naturale, perché sin da quando ero un giovanissimo studente ho sempre avuto un forte interesse verso le altre culture, e specialmente verso i diversi linguaggi che utilizzano. In particolare verso le culture europee o del cosiddetto Vecchio Mondo, come lo chiamiamo spesso qui nel West. Non ricordo più bene come ci siamo conosciuti, Mr. 7, ma è molto interessante entrare in contatto e poi interagire attraverso questi media digitali: si incontrano virtualmente persone di altre nazionalità che convergono sulle stesse idee, gli stessi gusti, sia musicali che culturali in genere”.

Ma poi arriva al punto e dichiara qual è stato il suo mood nel rapportarsi strettamente al testo che ho letto e che gli ho consegnato come traccia vocale:

“Creare una melodia il cui testo è un frammento della produzione letteraria del 7, o di il7 – Marco Settembre, come preferisci, è stato più che altro una sfida personale, perché non conosco la lingua italiana ma ho deciso lo stesso di invitarti per vedere cosa sarebbe successo.

E il risultato è sorprendente, dal momento che quando mi hai spiegato di cosa parlava il testo, è stato ancora più gustoso e appassionante fondere insieme una musica elettronica messicana e la voce di un autore italiano; questo non solo dimostra in generale che le barriere linguistiche non esistono quando ci si muove sul terreno della creazione artistica, ma è un output davvero efficace e strano, perché per me capire che un losco personaggio americano, nella tua breve costruzione narrativa, compie un viaggio in incognito a Roma ma viene approcciato in maniera violenta da esseri extraterrestri con intenzionii in parte incomprensibili e in parte oscene, mi ha fatto pensare che davvero c’è gente come te che anche in Italia cerca di creare prodotti avanzati, neo-noir, post-cyberpunk, non convenzionali. Anche a me piace quest’estetica carica di contrasti. Qui nel West di avventura ce n’è sempre tanta, da vendere, ma intuisco che pure lì da voi ci sono zone oscure e che tu sei bravo ad ampificarle su portata interplanetaria meticcia. Ti sono molto grato per aver sostenuto questo progetto. Spero che un giorno potrò visitare l’Italia e magari condividere la nostra proposta musicale di fronte a un pubblico italiano. La Musica Ci Unisce”.

Il motivo per cui prima stavo affermando che Jamas Ninguna è un compositore eclettico è che quando gli ho chiesto se qualcuno di questi suoi EP avesse un concept unificante lui mi ha risposto:

“La musica del mio progetto è semplicemente quella con cui “etichetto” ogni EP attraverso il titolo. Voglio dire che ogni EP del progetto è diverso dagli altri, e può consistere in elettronica, black metaltechnohard basscyberpunk. strumentale atmosferico, o rock. Non si sa mai”.

Se è così imprevedibile, speriamo che uno di questi demoni non venga a scoperchiarsi il cranio di fronte a noi, mentre passiamo sul marciapiede diretti al supermarket!

Purtroppo, a parte gli scherzi pulp, i lati tenebrosi dell’esistenza non sono un’invenzione di qualche scrittore horror un po’ manierista, che gioca a fare il maledetto senza in realtà capirci un cazzo di certe faccende davvero dure; no, l’altra dimensione, quella orrida che può rattristarci, renderci in pratica impotenti ma rabbiosi e tormentarci con le sue infiltrazioni nella nostra vita, è una realtà con cui solo i fortunati riescono a non fare i conti. A me è successo. Peraltro, pure adesso non è che io sia perfettamente tranquillo e felice, ma dico “vabbè” e LOTTO. Anche Jamas Ninguna mi ha confidato – ma non posso dire altro per rispetto della sua riservatezza – che questo nuovo lavoro nasce da qualcosa che lo ha toccato nel profondo. Qualcosa che gli ha fatto perdere la fiducia in certe cose. Eppure ci sono altre presenze altrettanto evanescenti, e aliene rispetto agli strati superficiali dell’Essere, che somigliano a qualcosa di volatile e che possono essere una malinconica fonte di ispirazione. “Qualcuno – ricorda Josè – tempo fa disse che perfino nella più fitta oscurità c’è un barlume di luce”.

Già. La frase è della J. K. Rowling, la creatrice di Harry Potter: “Happiness can be found, even in the darkest of times, if one only remembers to turn on the light”.

“Onestamente – confessa il giovane autore Jamas Ninguna – non mi considero un virtuoso o un musicista ben preparato, ma quel che faccio è costruito sulle profondità delle mie viscere, è qualcosa che sento, e quando lo si ascolta è necessario che il fruitore di questa mia proposta percepisca ciò che era nell’aria quando l’ho composto. Non sono interessato a diventare una grande star o a riempire gli stadi o le grandi sale per concerti; ciò che mi preme è che la gente ascolti la mia musica come ci si ascolta l’un l’altro”.

Dopo aver ascoltato in anteprima un assaggio di un nuovo brano che stava mixando, e che, anche se era ancora in fase di elaborazione, mi è sembrato Interessante, come un chiaroscurato mix di sonorità, ho chiesto all’artista la lista dei titoli dei brani del suo nuovo EP.

Copertina di “El murmillo de los demonios”

Esattamente gli ho detto: “Sai, i titoli sono sempre qualcosa che in un’anteprima intrigano il pubblico. E anche me”.
E lui: “Ok, sono tentato dal lasciarti con la curiosità! Ma invece no, sto scherzando; senti qua: in realtà il disco non contiene molti brani, è un unico pezzo che ho diviso in tre parti: 1. “Il mormorio dei demoni”, che quindi è la title track, dà il titolo a tutto il lavoro; 2. “Diavle Vesta Morta”; e la terza parte è 3. “Il Fattore”, che è ispirata dal romanzo “Il fattore Dio” di Josè Saramago, scrittore insignito del Premio Nobel, come senz’altro saprai”.

“Con il libro “Saggio sulla cecità”, certo, qui in Italia uscito per motivi commerciali col titolo abbreviato di “Cecità”, da cui è stato tratto un film altrettanto interessante, girato dal regista brasiliano Fernando Meirelles e con Julianne Moore e Mark Ruffalo.

Comunque, essendo il tuo un EP, è normale che non contenga molti brani, avrei dovuto pensarci prima, ma a volte in queste conversazioni a distanza di oceani posso risultare un po’ distratto perché devo pensare a fare star zitto Max Rottolardo, che mi si arrampica sul terrazzo per grugnire i suoi rauchi commenti sugli Iron Maiden o sui carciofi che porta a tracolla. Purtroppo capita, e servono 7 pugni in testa per ricacciarlo indietro. :D”.

Avrei poi desiderato che Jamas Ninguna mi inviasse un’immagine di un cityscape, un paesaggio urbano, magari un po’ cyberpunk, di qualche grande città del Messico, da pubblicare qui nell’articolo con la didascalia “Cyberpunk view from Mexico”, ma su questo non mi ha risposto, forse perché non è anche fotografo oltre che musicista. Non fa niente; ho provveduto io con una ricerca iconografica sul web.

Mexico City, Mexico, aerial view of Plaza de la Republica and Mexico City skyline at dusk
Photo by R.M. Nunes – 2019.

Immagino ora di dover concludere l’articolo soddisfando la curiosità quasi avida degli appassionati di Letteratura crossover e post-cyberpunk, come la mia, pubblicando il testo letto da me che ho inviato a Jamas Ninguna per consentirgli di realizzare il suo pezzo inserendo anche la mia voce. Ecco quindi il breve racconto; l’ho scritto per l’occasione e ho voluto farlo rientrare nel ciclo delle cronache del Progetto NO. Che so che vi piace. Fatevi sotto, allora; la lettura è servita! 😉

il7 impegnato in un reading del “Progetto NO” nel 2010,
quando si classificò secondo a un concorso nazionale di Letteratura live.

Dal “Progetto NO”: Wesley York in trasferta a Roma From “NO Project”: ‘Wesley York on a business travel in Rome‘”

Wesley York era disorientato, in quel sobborgo grigio slavato di Roma Sud, vicino alla Cecchignola, però non mollava, intendeva continuare a far credere di essere lo stesso di quando girava ad Oakland a strangolare i portoricani usando la catena del suo motorino e un gira-bulloni. Ma lì a Roma non avrebbe funzionato, e per due motivi: il primo era che in troppi lì parlavano un dialetto incomprensibile, cianciando di “farloccate introspettive” e incitandosi con “Daje!” oppure “Bella, frate’!”; il secondo motivo era che a causa della dogana, allo spazioporto gli era saltata la copertura, così anziché cercare su commissione di strangolare col solito sistema i tre poliziotti corrotti che s’erano accaparrati una refurtiva recuperata a Jordan Geller, un beccamorto di Miami, doveva ora cercare di difendersi dagli alieni italiani, che sbucavano dai tombini come sorci cercando di attaccarglisi alle budella per fargli capire che il sole del Colosseo è magari meno arido di quello della California ma più scojonato.

Mentre pensava esattamente a questo, seduto al posto di guida di una lurida Fiat 127 presa a noleggio, venne affiancato da un tale che con tono provocatorio scavalcò dalla sua moto Harley truccata con diciotto diodi strappati a un robot guasto e gli disse: “Senti, cocco, io l’ho capito da centocinquanta metri di distanza che sei una specie di cowboy”.

“Ma chi cazzo saresti, tu?”, chiese Wesley, a brutto muso, abbassando il finestrino unto e muovendo l’altra mano di nascosto verso la pistola a pistoni e pastella che aveva nella fondina a lato della coscia. Ma l’altro non gli diede il tempo di impugnarla, perché da un orecchio fece uscire un tentacolo di merda, viola, e terminante con quattro aculei a pinza fosforescenti e con quello gli trapassò il braccio schizzando di sangue tutto l’interno della macchina. Poi si presentò: “Visto che tu hai le orecchie senza tentacoli dentro, aprile bene e ascolta: io non sono terrestre. Sono un pappone alieno che solo in parte ha preso sembianze umane, e ti avverto che gli altri alieni che ti stanno tallonando uscendo dai tombini non vogliono necessariamente spappolarti il cranio: sono le mie tre puttane, veniamo tutti da Ghewr’Otin 6, a trenta anni luce da Orione. E… beh, datti una calmata con le mie amichette, cocco, perché loro vogliono solo una cosa da te: scoparti!”

lun 11/10/2021 23:00

il7 – Marco Settembre

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