Nella prossima generazione, i nostri soldati potrebbero essere in grado di mangiare erba, comunicare telepaticamente, resistere allo stress, scalare muri come una lucertola, e molto altro. Così si legge su un articolo online apparso su The Atlantic, secondo cui tutto ciò non sarebbe materia di una storia a fumetti, bensì uno scenario che, a giudicare dai progetti militari di oggi (della DARPA in primis), è molto possibile che si verifichi in un futuro non troppo lontano.
Una nuova generazione di super-soldati, quindi, migliorata sia dal punto di vista neuro-psicologico che dal punto di vista fisico, senza dimenticare l’insieme degli strumenti tecnologici di cui verrà dotato (a partire da una sorta di “esoscheletro“, a cui anche Wired ha dedicato parecchi post). Tutto questo, come si sa, al fine di sopperire alla naturale debolezza umana che, nonostante l’enorme bagaglio di potenzialità tecniche sviluppate, resta un problema fondamentale specie nei contesti di guerra, purtroppo mai scomparsi del tutto.
E’ interessante notare come questa idea di super-soldato abbia a che fare sia con il cyberpunk che con il cosiddetto biopunk. Se da una parte infatti saranno gli innesti tecnologici (e cyber-informatici) a caratterizzare i soldati del futuro, dall’altro si tenterà di agire in termini biologici (o bio-tecnologici) su di essi, senza dimenticare il ruolo giocato dalle moderne neuroscienze (impianti neurali). Un insieme di studi e ricerche volte a massimizzare il risultato finale in termini di efficienza, sicurezza e controllo.
Tutto questo, infine, che implicazioni etiche può avere? Che danni alla salute di futuri soggetti sperimentali (anche se consenzienti) ci potrebbero essere? Verranno violati oppure no patti internazionali contro le armi biologiche o contro la sperimentazione di tecnologie su soggetti umani? Sarà la totalità dei soldati a cambiare ed essere migliorati, oppure solo determinate elite force? Creare super-soldati significa forse giocare a fare Dio? Assumere sostanze dopanti per migliorare le prestazioni fisiche di un militare, è paragonabile a farlo nell’ambito dello sport?
Questi sono solo alcuni dei quesiti che possono essere sollevati sull’argomento, e probabilmente nessuno di essi può avere una risposta definitiva e soddisfacente. Si tratta di ambiti etici e scientifici del tutto nuovi, e se forse è presto per allarmarsi, non è mai troppo presto per riflettere.