Ulsan non è una città, è un mondo, quello della Hyundai. Dove il confine di appartenenza è talmente labile che provoca una situazione surreale. Qualcosa che sta dalle parti del Truman Show, ma al posto delle telecamere c’è la grande impresa coreana. Ogni strada o piazza nella città di Truman, Seahaven, aveva il nome di un attore; qui ogni cosa appartiene o viene fabbricata dalla Hyundai Heavy Industries (HHI). Nata come impresa di costruzione edili ha poi esteso il suo dominio come impresa navale, ferroviaria, automobilistica, elettronica, finanziaria.
Dormo allo Hyundai Hotel; mangio bevo e sono costretto a comprare una giacca allo Hyundai Department Store; dopo giorni di bus della Hyundai, ho affittato un’auto che ovviamente è una Hyundai (Sonata); mi rifornirò alla Hyundai Oil; ritirerò i miei soldi o potrò chiederli in prestito alle banche e alle finanziarie Hyundai; entrerò in palazzi che sono costruiti e di proprietà della Hyundai; mi muoverò dentro ascensori Hyundai; parlerò con telefoni Hyundai; ascolterò da televisioni Hyundai la voce di Lee Myung-Bak, ieri presidente HHI e oggi presidente del paese, parlare della sua vecchia impresa.
(“The Ulsan Show“, 2011, Marco Ciriello, d.repubblica.it)

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Share: Facebook Twitter Pinterest Una recensione, condita di riferimenti inevitabili a diversi sociologi, del romanzo di