Rotten: recensione del romanzo cyberpunk di Luca Grandicelli

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Rotten è un romanzo cyberpunk italiano che narra una storia di ribellione, di violenza, di droga, di futuro e di tecnologia. Uno spaccato di vera vita cyberpunk in un fluido letterario a dir poco disturbante.

rotten-recensione-luca-grandicelli-cyberpunkTitolo: Rotten

Autore: Luca Grandicelli

Anno di pubblicazione: 2017

Editore: CreateSpace

Acquisto/Estratto gratuito: Amazon.it

Trama: Charlotte è una giovane rockstar del Blocco 31 che sopravvive fra iniezioni di eroina sintetica e concerti punk. Quando il suo manager di una vita la trova riversa in una pozza di vomito nel bagno N°5 del Bar Mexico, capisce di stare sprofondando un passo alla volta verso il baratro. Ma l’Agglomerato ha in serbo per lei un futuro ben più amaro: un viaggio attraverso gli abissi dell’anima e della mente, alla ricerca di una verità nascosta sotto la propria pelle e di un passato troppo pesante da sopportare. (fonte: Amazon)

Sin dal suo titolo, Rotten è un romanzo marcio. Marcio, però, non nel senso di scadente o brutto, ma marcio come spesso la vita e le grandi storie cyberpunk sanno essere nella loro cruda realtà. Sul retro di copertina, Rotten è presentato come una “storia di violenza e mancata redenzione. Di ricerca dell’anima, ai confini dell’umana ragione.“, ed è davvero così. Rotten è però anche una storia di ribellione e di astinenza, di viaggio negli abissi del male, di futuro e di umanità calpestata. Rotten è, infine, la parola che indica la pesante eredità di Charlotte, scolpita nella sua stessa carne sotto forma di tatuaggio cibernetico.

Rotten è uno spaccato di vera vita cyberpunk, idealmente molto vicino a esperimenti in forma di short-film come Perspective e True Skin. Si tratta di cyberpunk duro e crudo, dalla forte componente punk. Oltre a Charlotte, la giovane rockstar protagonista del romanzo, è la violenza ad essere co-protagonista del romanzo, descritta con brutale realismo; non può che essere così, in una decadente società dove tecnologia, droga, sesso, sovrappopolazione, scontri e rappresaglie si fondono in un fluido letterario a dir poco disturbante.

La storia di Rotten è difficile da digerire, una storia che trova nell’ambientazione cyberpunk la sua giusta dimensione spazio-temporale ma che, come solo alcune storie possono permettersi di fare, potrebbe essere ambientata in ogni altra epoca storica: passata, presente o futura. Rotten racconta l’ossessione per la tecnologia, il male, la perversione, l’abuso di potere e del corpo e dell’anima di una ragazza distrutta dalla vita che cerca, e forse trova, la pace nella musica e nella droga. Il finale di Rotten è ambiguo, inaspettato, o forse no. Forse è proprio la giusta chiusura di un viaggio dantesco in un’inferno cyberpunk reale solo nella mente.

Nonostante tutto, Rotten è una storia di speranza, di lotta per un ideale che si ritiene giusto e per cui si è davvero disposti a morire. Rotten è la non-rassegnazione delle persone di fronte alla vita e alla viltà di chi si nasconde dietro un’istituzione (o, dovremmo dire, una corporazione?) per sfogare brutalmente i propri istinti più ripugnanti. Rotten non è un libro da leggere, è un libro da assaporare lentamente come si assapora un liquore amaro, che brucia la bocca, la gola e lo stomaco, ma che non si può far a meno di bere fino all’ultima goccia per il suo affascinante, irresistibile e inebriante retrogusto.

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