(…Continua da pag. 201. Questo è solo un estratto)
Non c’era nessuna cinepresa, erano finiti per sempre quei tempi; ora c’era un citrullo robotico con la testa da lampadina svitata che fissava tutte le scene sulle lastre sottili e accatastate dei suoi polmoni-archivio digitali. Si autoalimentava con l’energia cinetica e con quattro plessi ad energia solare posizionati intorno al busto da scatola di biscotti aperta. Ma ora si fermò con uno sbuffo degli ammortizzatori da steady cam a pressione.

Illustrazione di il7 – Marco Settembre
Ancora la voce si fece sentire (e non si vedeva da chi provenisse, anche se la Divina lo sapeva o faceva finta di saperlo per non passare per una debuttante): “Vieni qui, tu!”
Wilbur, più ingenuo, si indicò il petto segnato da un brutto taglio, come a dire “Ce l’hai con me?”, ma Vanessa gli fece cenno con la mano e sibilò, rauca: “Lascia. Certi discorsi non riguardano i comprimari”.
“Ma vai a cagare, signora!”, fece lui, Wilbur, che ormai aveva perso ogni riguardo eppure era sempre un passo indietro perché aveva l’indole di chi da ragazzo avrebbe potuto diventare gay per un qualunque motivo casuale.
Vanessa si incamminò verso il box di legno con la copertura in velcro che era poggiato su un punto in cui il terreno era bagnato per la perdita di urea di uno dei cavalli-motore del carro uno, e il box aveva delle ruote larghe e rigide ed era solitamente trainato proprio da quel carro, l’”ammiraglio” della flotta di mezzi per cineasti ciarlatani di successo planetario che prendevano per il culo ciò che restava del mondo. Vanessa si avvicinò, scansò un pannello color vinaccia del manto di lycra che copriva il cubo di legno pesante, e vide che dentro c’era una luce chiesastica da rito esoterico di abbandono totale. Il tipo in effetti era proprio abbandonato, ma accanto a sé aveva un periscopio da sommergibile, tutto piegato, che gli serviva per osservare da lontano tutte le scene del film che doveva dirigere. Ma non era Scott. Quelle megaproduzioni di un’umanità decadente e strasecca non erano il sequel del video di Scott, o se lo erano non erano certo stare affidate a lui… che in quanto personaggio positivo era stato eliminato violentemente, a suon di ossa spezzate, negli sviluppi di quel 2006 in cui era nata la sua idea. E quindi il regista era un altro, o forse non era neanche un regista, quello, era un sadico annoiato.
Vanessa aveva ormai abituato gli occhi rovinati dal calore radioattivo e dal trucco sfolgorante e tossico a quella penombra, e voleva sentire cosa avesse da dirgli quel tizio, i cui capelli neri mancavano in testa ma spuntavano dal petto e gli servivano come tovaglioli per pulirsi le mani unte. Vanessa chiese dunque: “Cos’è quello?..”
E lui: “Riserve alimentari private. Non è roba per te”.
Vanessa: “Ormai mangerei anche quello, in effetti…” (I compensi faraonici non bastavano a farla mangiare abbastanza bacche e coleotteri e superzucche nere da poter mantenere armonioso il suo culetto).
E il cineasta, quieto, osserva: “No, forse questo non lo mangeresti… Non puoi riconoscerlo, così compattato e stretto tra le mie braccia e le mie belle mani a cucchiaio… ma questo che sto mangiando è il tuo vecchio amico Grant. Non lo riconosci ma… non dirmi che non te lo ricordi! Eheh!”
Vanessa sente il labbro inferiore che le trema, vorrebbe non prestar fede a quello che ha appena sentito, ma capisce che dev’essere la verità, perché quel video di Scott ha avuto un costo pesante per mezzo mondo, e anche lei che è ammirata da tutti sente perfettamente che ora è arrivato il momento in cui sconterà la sua fortuna, e già le chiazze della sua pelle in ebollizione verdastra insieme alla porporina e al fard color terra battuta e spore di cactus metropolitano lo testimoniano. Quindi con voce tesa che cerca di opporsi alle stalattiti di pianto che sente spuntarle risponde: “Ho la memoria di un elefante, anche se non ho ancora una mole del genere, e quindi, ricordandomi bene, non capisco perché un’essere come te possa non solo esistere semplicemente come scarto organico ma addirittura commettere certe atrocità…”
Il cineasta infierisce: “Ho anche Loomis, in quel vecchio frigo allargato a forza a martellate e giochi di pinza, lì alla mia destra. Loomis è diviso in tre parti tenute unite da una strisciolina della pelle della schiena, ed è immerso in olio di girasole e sperma di armadillo. Tanto Loomis era pazzo, non se ne sarebbe fatto un problema”.
E prosegue:
“Prima del “peggioramento” di tutto l’arco narrativo non c’erano, queste figure, e non c’erano neanche le riserve alimentari riservate. Direi che è solo da quando il 2006 sta diventando davvero schifoso che io… ho avuto questo premio. Si può anche pensare che io me lo sia procurato da solo, con il permesso dei vertici della produzione. Perché chi poteva decidere, intuendo le prospettive da pattumiera del pianeta, che si potessero riciclare nel 2022 postatomico bruciato dal Male i personaggi che erano stati fatti fuori, sterminati, trucidati, nel 2006? Solo io che li avevo ammazzati e Alehandro che me l’aveva suggerito”.
Vanessa si fa venire le cornee degli occhi concentriche per l’indignazione, l’orrore e il dolore: “Merda ciclopica..! Ma allora tu sei…”
Skartberg: “Sono proprio io. Un po’ cambiato, ma il tempo passa per tutti, e infatti la fine del mondo s’è avvicinata”.
Vanessa: “Già… E io temo che anche la mia pacchia da superstar non potrà durare in eterno. Non ho intenzione di mollare neanche di un centimetro, ma non è facile andare avanti mangiando solo carne di topo, pastella di zucca nera e radicchio rigido, che è quel che passa la produzione”.
Skartberg: “Beh, come vedi, io mi tratto bene, invece. Potrei fare ancora tanto per te, ancora di più del semplice lasciarti esprimere secondo il tuo estro. Ma senti… vorrei chiederti… se ti piacciono le forme leggermente ondulate, a incastro, con bordi socchiusi circondati da sbuffetti di vapore e suoni lievi, sordidamente gracchianti, di mucose che si spargono in strati. A me sì… tanto… Tu vincerai l’Oscar, se mi avvolgerai un orecchio con le labbra…”
Vanessa abbassa lo sguardo sull’orlo incartapecorito della sua giacchetta extra-arzigogolata color carne viola sporco, che lì, dentro al box sembra ancora più scura, e pensa: “No, ancora un altro abuso… Nessuno riesce a ficcarsi in testa che, se pure è vero che nel video di Scott sono tornata in gioco più di una volta, tuttavia il sesso di Vanessa non può far risorgere tutti, né fisicamente né moralmente… Anzi!”
La scena si conclude qui, lasciando l’ignaro pubblico dei sopravvissuti all’ecatombe nucleare a rimestare tra le loro varie interpretazioni abnormi e malsane.
Un tale Botrengo però girellava su una bicletta arrugginita, a trenta metri dai carri, ed era sorprendente che malgrado la denutrizione non fosse ancora arrivato a consumarsi l’adipe dei suoi pettorali allentati al livello di mammelle mai viste nel regno animale; questo si fece una risatina ma poi ripetè, con tono complice: “Dài, dài, va’ avanti! Dài!”
Wilbur: “Ma quello ha strillato STOP!”
Botrengo: “Non fare lo scemo; Vanessa è fuori gioco per un po’, credo, almeno una mezz’oretta. E quel tizio che ha detto STOP agisce secondo le non-regole inflessibili della fazione della Bancarotta. Tu, caro mio, finchè non cambi ufficialmente bandiera devi darti da fare per noi della Broncopolmonite, non dimenticarlo!”
Wilbur: “Vabbè, ma come dicevo prima…”
Botrengo: “Ho capito: la consideri una causa persa. Ma… TUTTO è perso, non lo vedi? Quindi, finché vivi, tu recita!!!”
Wilbur: “Eh, la fai facile, tu… Ma quando si è agli sgoccioli, mancano anche le cose da dire, perché…”
Botrengo: “Piantala: il nostro pubblico di disadattati non se ne accorgerà. Sei un ex bello sull’orlo della disperazione come noi, quindi ti ameranno. Su quello che devi dire, arrangiati!”
Wilbur: “Uhmmm… Ok… Una volta mi capitò una cosa assurda col medico della mutua, o perlomeno uno che credeva di essere tale, e che con gli occhietti piccoli e la zazzeretta a spazzola era stato tanto convincente che mi ero iscritto al suo servizio. Mentre compilavo il modulo gli dissi: “Può essere utile, vero? Io in realtà non ho problemi di salute, a meno che non vogliamo considerare un’infezione micotica pedestre che nascondo a tutti da tempo. Confido a proposito nella sua discrezione, dato che come attore protagonista ho un po’ il terrore di essere discriminato per qualche minima infamia da essere umano normale. Voglio dire: se uno viene a un certo punto considerato come una specie di eroe solitario, poi non gli va per niente di fare passi indietro di fronte all’opinione pubblica”.
Lui, Andrew Badcrack, detto “Wellness”, mi rispose: “Oh santo cielo! Se hai fatto ad altri questo discorso, esponendoti in questo modo ingenuo, immagino che sarai stato trattato malissimo, vista la merda di gente che c’è in giro… Tu non hai mai fatto questa considerazione, invece di confidarti con uno stronzo qualsiasi?”
(Continua… Ricordiamo che questo è solo un estratto)
il7 – Marco Settembre